Una politica di incentivazione a differenziare i rifiuti avrebbe limitato i danni
A surriscaldare l’estate 2010, che non sarà ricordata come una delle più afose, ci ha pensato la pioggia di cartelle esattoriali della TARSU caduta sulle teste dei cittadini. Si è trattato di una pioggia rovente a causa dell’aumento del 17% circa dell'aliquota imposta. Le comprensibili proteste che si sono levate, sono state raccolte dai partiti politici di ex opposizione – PD e SEL - che le hanno tradotte in manifesti di dura accusa di negligenza della ex maggioranza. A tutt’oggi il PDL adelfiese, che ha amministrato la città fino a maggio scorso, non ha neanche tentato di spiegare ai cittadini le ragioni di questo considerevole incremento della tassa. Proviamo allora noi ad interpretare un silenzio che probabilmente nasconde delle mancanze. Per gli addetti ai lavori l’aumento della TARSU – Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani - non è stato una sorpresa, anzi. Sapevano bene che ci sarebbe stato - noi stessi ne avevamo paventato la possibilità nel numero di novembre 2009 - e sapevano anche fin troppo bene, che c’era una sola via per evitarlo o quanto meno limitarlo. Tutto è cominciato nel 1997 quando il decreto legislativo n. 22 e, più tardi, il Codice dell’Ambiente del 2006 hanno introdotto procedure mirate allo sviluppo di tecnologie di smaltimento dei rifiuti più pulite e avviato una graduale trasformazione della TARSU in TIA – Tariffa di Igiene Ambientale. La finalità di questa nuova tariffa era quella di consentire ai comuni di coprire l’intero costo del servizio esclusivamente con i proventi incassati dagli utenti, impedendone anche una parziale copertura con fondi di bilancio come avveniva in passato. Una lunga serie di proroghe ha consentito alla TARSU di sopravvivere fino al 2009, quando il Governo Berlusconi – orgoglioso di non mettere le mani in tasca ai cittadini – perseguendo politiche di federalismo fiscale, ne ha sancito definitivamente l’abrogazione ponendo al 30 giugno 2010 la scadenza ultima per l'emanazione del provvedimento di attuazione della TIA. Oggi dunque, i costi di smaltimento dei rifiuti ricadono interamente sui cittadini e sono suscettibili di sensibili variazioni dovute a molteplici fattori. È accaduto infatti che dal 7 gennaio di quest'anno sia entrato in funzione l'impianto di biostabilizzazione di Conversano, presso cui vanno conferiti i rifiuti indifferenziati, che solo dopo un processo di selezione e trasformazione, possono essere depositati in discarica. Questo trattamento preliminare ed obbligatorio ha comportato un incremento della spesa di conferimento, passata da 56 a 87 euro per tonnellata depositata, con conseguente aumento della tassa imposta agli utenti. Ma se tutto questo è ciò che le leggi dello stato da tempo preannunciavano e oggi impongono, cosa avrebbero dovuto fare i governi locali saggi e lungimiranti? Adottare una politica preventiva di educazione, sensibilizzazione e incentivazione alla differenziazione dei rifiuti, potenziando la raccolta porta a porta, prevedendo una riduzione della tassa per i più virtuosi, indicendo gare di raccolta fra ragazzi e bambini. Azioni che avrebbero ridotto sensibilmente il tonnellaggio della indifferenziata da smaltire, con conseguente riduzione dei costi di conferimento da imputare ai cittadini. È questa la negligenza che si contesta alla ex amministrazione di centro-destra. La sua incapacità ad andare al di là del proprio naso, l'arroganza con cui si è arroccata nei suoi ottusi principi e che l'ha resa sorda alle esortazioni delle opposizioni che in più occasioni, anche pubbliche, hanno lamentato una scarsa attenzione alle politiche ambientali. Anche oggi tace, non avverte la necessità di spiegare e preferisce chiudersi in un silenzio che suona come colpa.
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