Recensione di un film del tutto attuale. Il '68 tra amore e lotte
di Salvatore Ilacqua
Roma, autunno 1967. Nicola – Riccardo Scamarcio - è un giovane poliziotto, viene dal Sud, vive in una pensione-bordello e sogna di fare l'attore. A Nicola non piace il suo lavoro, così come il luogo dove vive – dice sempre che è una sistemazione temporanea –, legge Paese Sera, ma solo per la programmazione dei cinema.
Laura – Jasmine Trinca - è una studentessa modello, cattolica, progressista, ha radicata in sé la “lotta contro l'ingiustizia”.
Libero – Luca Argentero - è il classico leader di sinistra, sempre informato su soprusi e violenze in ogni angolo del mondo. Attorno ai tre protagonisti ruotano le vicende personali e politiche tra il 1967 e il 1969.
Il percorso di Nicola assomiglia ad un cammino di redenzione dal male - la polizia - al bene - l'accademia di recitazione -. Tale processo, però, dovrà scontare una sorta di “purificazione” intesa come periodo da infiltrato nella protesta universitaria. É qui che Nicola incontra la bella Laura. Cerca inizialmente di frenare il proprio interesse per la giovane ma, incoraggiato dai superiori, decide di conoscerla con lo scopo di poter ricavare informazioni. I due si innamorano, ma nel corso di una violenta manifestazione, Nicola, in servizio ufficiale, si ritrova a difenderla dai suoi colleghi poliziotti che attaccano i manifestanti. A questo punto, Laura scopre finalmente l'attività del ragazzo. Le loro strade si separano e Laura prosegue il suo attivismo al fianco di Libero e di altri “compagni”. Nicola lascia la polizia e intraprende la carriera artistica iscrivendosi ad un'accademia di recitazione. I due si rincontrano, ma non sono destinati a restare insieme.
Michele Placido propone una parziale autobiografia della sua gioventù, di come dal Meridione abbia raggiunto Roma per seguire il sogno di una vita. Nicola, infatti, altro non è che Placido da giovane, un ragazzo disorientato, in attesa di intraprendere la propria strada. Il Grande Sogno rappresenta uno spaccato degli anni della protesta studentesca, visto con gli occhi di chi vi ha preso parte. Un sogno che, forse, neanche i protagonisti riescono a comprendere pienamente. Illuminante è la riflessione tra Andrea – fratello di Laura – e suo padre: durante l'inverno del '68 il ragazzo cerca di scrivere qualcosa sulle proteste nel paese, ma sconfortato pensa che sia tutto inutile e che “non serva a niente”. Il padre, con incredibile saggezza, lo sprona a narrare le vicende perché: <>.
Queste parole racchiudono il significato dell'intera opera: una narrazione degli eventi di quegli anni senza inutili giudizi e moralismi. Anni di lotta e di repressione, oltre che semplice protesta. Così come sottolinea Libero, in uno dei suoi discorsi “ancora una volta in Italia, la risposta alle lotte sociali è la repressione e la violenza”. Come la Storia ci insegna, le proteste spaventano chi esercita l'autorità, a tal punto da realizzare le forme più pesanti di repressione, dimenticando completamente il “principio di tolleranza”, che sottolinea come il dissenso non può essere represso, ma anzi va garantito dalla legge. Valore fondante del nostro Stato, cardine insostituibile per un'autentica Democrazia.
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