
La Redazione
Nel 120esimo anniversario della prima celebrazione permanete del "Primo Maggio", quale simbolo della rivendicazione di solidarietà dei lavoratori di tutto il mondo riconosciuto dalla Seconda Internazionale, invece di festeggiare il lavoratore ed il raggiungimento dei propri diritti e della voglia di migliorare la condizione di sè stessi e della società nel suo insieme, purtroppo si parla costantemente di una vera e propria "emergenza lavoro" italiana.
Infatti, dopo un secolo e mezzo di lotte e conquiste,
realizzate dal movimento socialista e operaio mondiale per quanto riguarda la
condizione dei lavoratori, ci troviamo di fronte ad una crisi economica che ha
fatto sprofondare l'Europa, e l'Italia in prima fila, vicina alla
recessione. Condizioni che hanno messo in discussione, oggi più che mai, i
diritti e le condizioni dei lavoratori, ormai posti in secondo piano dietro il necessario
profitto e la ripresa economica, alle quali anche le leggi sembrano dover ‘lasciare
il passo’.
Tra assalto all'articolo 18 e riforme delle pensioni operate
dal governo, sembra quasi che siano proprio i diritti dei lavoratori, faticosamente
acquisiti da decenni di lotte, i punti da cui partire per sanare una condizione
di crisi e di immobilismo economico, così come fatto intendere anche da qualche
ministro. Con una disoccupazione galoppante (9,7% all'aprile 2012), e con quasi
1,5 milioni di ragazzi che hanno smesso di studiare e non riescono a lavorare,
questo Primo Maggio sembra davvero svuotato del proprio significato
storico.
Ma è proprio oggi, invece, che la festa del Primo Maggio deve
tornare ad essere un nuovo momento di riflessione, di rivendicazione di diritti
già acquisiti ed immutabili, di proposte alternative soprattutto contro quella
tesi “meno diritti al lavoratore uguale
più lavoro” così diffusa negli ambiti politici ed incredibilmente alla base
di partenza di una riorganizzazione della società, di raccolta nelle piazze non
solo per i lavoratori ma anche per coloro che hanno perso un lavoro e per chi non
riesce nemmeno ad ottenere quel lavoro che gratifica l’uomo e che gli permette di
realizzarsi nella società.
Quella stessa società italiana basata su noti principi costitutivi
democratici che partono dal laconico “L'Italia
è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (Articolo 1 – Costituzione
della Repubblica Italiana, 1946).
Non bisogna dimenticarlo. Viva il Primo Maggio.
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